Società di comodo, salta il divieto all’esercizio della detrazione Iva
La soggettività passiva non può essere associata a un reddito predeterminato, mentre la normativa italiana attualmente non fornisce una protezione adeguata contro frodi e abusi. A cura di Anna Abagnale e Benedetto Santacroce, le regole dell’IVA legate alle società di comodo violano il diritto dell’Unione Europea sia per quanto riguarda la soggettività passiva che per quanto riguarda il diritto alla detrazione dell’imposta.La decisione relativa al caso C-341/22 Feudi di San Gregorio rappresenta un momento cruciale per il diritto nazionale poiché, secondo la Corte di Giustizia europea, le norme sulle società non operative in termini di IVA non sono conformi alla direttiva.Il caso coinvolge una società considerata non operativa dall’Agenzia delle Entrate per gli anni fiscali 2006, 2007 e 2008, a cui è stato negato il diritto alla detrazione dell’IVA. La questione, portata davanti alla Corte di Cassazione, riguarda l’applicazione dell’articolo 30 della legge 724/1994, che impone limitazioni al diritto alla detrazione dell’IVA per le società di comodo.In sintesi, l’articolo 30 introduce una presunzione che limita il diritto alla detrazione dell’IVA per le società considerate non operative se il volume delle loro transazioni in un periodo fiscale non raggiunge una certa soglia definita dalla legge. Di conseguenza, vengono imposti limiti al diritto alla detrazione in diverse modalità:
- La società non può richiedere il rimborso o compensare l’eccedenza dell’IVA pagata in un periodo in cui è considerata non operativa.
- Non può trasferire il credito IVA all’esercizio successivo se è considerata non operativa per tre periodi fiscali consecutivi.
Questa normativa è stata oggetto di critiche da parte della dottrina nazionale nel corso degli anni ed è stata valutata dai giudici europei che l’hanno ritenuta non conforme a diversi aspetti: in primo luogo, per la sua incompatibilità con concetti come “soggettività passiva IVA” e “attività economica” (articolo 9 della direttiva IVA); in secondo luogo, per la sua contrarietà al diritto alla detrazione (articolo 167 della direttiva IVA) e al principio di neutralità fiscale.
FONTE: Il Sole 24ORE