Spending locale, il criterio Pnrr colpisce Sud e piccoli Comuni

28 Maggio 2024

ROMA

Quando un tema entra al centro del dibattito politico, spesso la discussione sulle parole tende a oscurare le questioni di sostanza. Questo fenomeno, intensificato dall’approssimarsi delle elezioni, ha colpito duramente la spending review di Comuni, Città e Province, valutata anche in relazione alle risorse del Pnrr, come anticipato dal Sole 24 Ore sabato scorso.

Per tentare di placare le polemiche, ieri è intervenuto il vicepremier Matteo Salvini: «Si troverà una soluzione – ha dichiarato il ministro delle Infrastrutture – non ci saranno tagli». Un’ipotesi ambiziosa, quella del leader della Lega, per evitare un altro scontro nella corsa elettorale dopo le polemiche su redditometro, Superbonus e Sugar Tax, poiché questa spending review è prevista dalla manovra, attuata con una bozza di decreto ministeriale redatta dal Mef, guidato dal numero due del Carroccio, Giancarlo Giorgetti.

Anche se non ha partecipato alla stesura del meccanismo elaborato dal Mef, il ministro per il Pnrr Raffaele Fitto ha adottato una linea diversa, respingendo la «polemica surreale» sui «presunti tagli alla spesa sociale a partire dagli investimenti», che sarebbero «esclusi dalla norma» (si veda l’articolo sotto). Più che rispondere alle obiezioni dei Comuni, il ministro per il Pnrr ha scelto di ribattere all’opposizione, rappresentata dalla segretaria del Pd Elly Schlein, che nel fine settimana ha accusato la premier Meloni di essere «la regina dell’austerità».

Il quadro è complesso, ma come sempre i numeri possono aiutare a fare chiarezza, a patto di comprendere le regole in discussione.

La spending 2024-28

Tutto nasce dalla bozza di decreto attuativo preparata dal ministero dell’Economia per distribuire tra gli enti i tagli di spesa decisi dall’ultima legge di bilancio, dopo sette anni di tregua per i bilanci locali. Il conto ammonta quest’anno a 200 milioni per i Comuni e 50 milioni per Province e Città, ma raggiungerà 1,25 miliardi (un miliardo per i Comuni) entro il 2028. Questo taglio non è una novità; già in autunno era stato al centro di uno scontro con i sindaci, che aveva portato a ridurre leggermente le cifre iniziali grazie al recupero, in più anni, di una quota di fondi Covid rimasta inutilizzata dalle amministrazioni locali.

Il legame con il Pnrr

La novità che ha infiammato il dibattito è il collegamento tra i tagli e il Pnrr. La norma, scritta al comma 533 della legge di bilancio per quest’anno (legge 213 del 2023), prevede di distribuire i tagli «in proporzione agli impegni di spesa corrente» indicati nei bilanci di ogni ente, «tenuto conto delle risorse del Pnrr» assegnate a ciascuna amministrazione alla fine dello scorso anno. Questo «tenuto conto» si è tradotto nella bozza di decreto in una divisione a metà dei tagli: il 50% distribuito in base alla spesa e l’altro 50% in proporzione ai fondi Pnrr. Le spese relative a «diritti sociali, politiche sociali e famiglia», precisa sempre il comma 533, sono escluse dalla base di calcolo che guida la distribuzione del primo 50% della spending, ma non dai tagli. «Con i fondi del Pnrr saranno realizzate opere pubbliche che necessitano di maggiori servizi e risorse, quindi il danno è doppio», ha dichiarato ieri il presidente dell’Anci Antonio Decaro.

I numeri

L’incrocio tra spesa corrente e fondi Pnrr nella spending review disegna una geografia complessa degli effetti sui conti dei 6.838 Comuni interessati, quasi il 90% del totale. Tuttavia, è possibile individuare alcuni criteri guida.

In primo luogo, il peso rilevante attribuito alle risorse del Piano colpisce gli enti più attivi nella presentazione dei progetti. Questo spiega, ad esempio, i picchi di Bologna e Firenze, dove il decreto prospetta riduzioni di risorse tra i 50 e i 60 euro per abitante in cinque anni. Su livelli simili si colloca Padova, mentre al Sud primeggia Taranto con un taglio di poco inferiore ai 50 euro pro capite.

Come prevedibile, la matematica non considera i colori politici, quindi tra le città maggiormente colpite ci sono sia quelle guidate dal centrosinistra come Bergamo, Varese o Pesaro, sia quelle della Lega come Novara, o a guida FdI come Ascoli Piceno e Cagliari. Questo non è certo il viatico migliore per il tratto finale della campagna elettorale che, oltre all’Europa, coinvolge 3.715 Comuni, quasi la metà dei municipi italiani.

In generale, la correlazione con le assegnazioni del Piano tende a colpire con maggiore intensità gli enti più piccoli e il Mezzogiorno, dove i livelli di spesa corrente sono mediamente più bassi e il peso delle risorse Pnrr è proporzionalmente maggiore. Questo effetto è amplificato dal vincolo territoriale che impone di destinare il 40% dei fondi del Next Generation EU al Sud.

In sintesi, la spending review finisce per colpire maggiormente dove si spende mediamente meno.

FONTE: Il Sole 24ORE

CONTATTACI PER UNA CONSULENZA GRATUITA

Condividi questa notizia!