Fisco, cambia il redditometro per stanare i grandi evasori

22 Maggio 2024

Il redditometro riparte puntando direttamente sui grandi evasori, ma solleva immediatamente un polverone politico, spaccando la maggioranza. Nonostante fosse un atto dovuto e atteso da sei anni, il decreto firmato dal viceministro all’Economia Maurizio Leo (FdI), che venerdì riferirà in Consiglio dei ministri, incontra la piena opposizione di Forza Italia e della Lega (si veda l’articolo in pagina). Il ritorno inaspettato di questo strumento antievasione, giunto in piena campagna elettorale per le europee, era comunque inevitabile. Lo strumento per l’accertamento dei redditi non dichiarati tramite la ricostruzione sintetica del tenore di vita (spese e investimenti) non è mai stato abolito; la Corte dei conti aveva infatti richiesto spiegazioni sul suo mancato utilizzo, poiché limitava i poteri di accertamento del Fisco. Nel 2018 il decreto Dignità (Governo Conte 1, sostenuto da M5S e Lega) aveva cancellato il vecchio decreto del redditometro, rivisto e corretto dal Governo Renzi nel 2015, mantenendo però l’accertamento sintetico e prevedendo un nuovo provvedimento attuativo con un’accurata indicazione delle voci di spesa (e dei dati considerati) per definire la reale capacità contributiva dei cittadini. Inoltre, il nuovo decreto già pubblicato in «Gazzetta Ufficiale» (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri), prima di entrare in vigore, ha ottenuto – come previsto – il parere favorevole di Istat, delle principali associazioni dei consumatori e del Garante della Privacy.

Dopo questi sei anni, il redditometro è tornato in una versione “arricchita”. Sono 56 le voci di spesa censite: dagli alimentari e abbigliamento ai mutui e ai canoni di locazione (per chi è in affitto). Sono incluse anche le bollette per acqua, luce e gas e i costi per i trasporti (assicurazioni auto e moto, bolli, spese per ricambi, ma anche tram, autobus, taxi e veicoli in leasing). Il lungo elenco comprende anche le spese per il tempo libero: dalle borse e valige agli alberghi e ai pasti fuori casa.

Il meccanismo è configurato in modo che, in assenza di dati presenti in Anagrafe tributaria (come quelli già trasmessi per le voci di spesa censite con la dichiarazione precompilata), il Fisco si basa sui valori medi Istat. Le voci di investimento sono 9 e includono, oltre agli acquisti di case e terreni (al netto dei mutui), quelli di azioni e obbligazioni, nonché i costi per le manutenzioni straordinarie (qui l’Agenzia delle Entrate ha accesso alle informazioni sui bonifici parlanti per i bonus edilizi).

L’uso di dati puntuali – come spiega il viceministro dell’Economia Maurzio Leo – rappresenta una garanzia per i contribuenti, poiché definisce una serie di criteri per contestare un maggior reddito rispetto all’accertamento sintetico, che anche senza il decreto poteva essere effettuato senza l’uso di parametri definiti. Va inoltre ricordato che l’allarme del Fisco scatta quando il reddito accertato supera di almeno il 20% quello dichiarato (ad esempio: 120mila euro rispetto a un valore indicato in dichiarazione di 100mila euro). L’obiettivo è colpire i grandi evasori per cui la differenza tra accertato e dichiarato è molto più ampia e che non possono giustificare un tenore di vita lontano da quanto dichiarato al Fisco.

«L’altra tutela per i contribuenti – ricorda ancora Leo – è la garanzia del doppio contraddittorio», che scatta sia nella fase istruttoria prima dell’emissione dell’accertamento sia nella fase dell’accertamento con adesione. Anche per questo il Fisco chiederà un supporto alle banche dati e alla loro interoperabilità che la riforma voluta da Leo punta a potenziare, per individuare i soggetti più a rischio.

FONTE: Il Sole 24ORE

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